In occasione della mostra di arte contemporanea “Esodo”, organizzata dalla Galleria Spazio Testoni con opere di Giovanni De Gara e Antonello Ghezzi dedicate al tema delle migrazioni, Eldorato ha fatto tappa a Bologna.

Link alla mostra: http://www.spaziotestoni.it/mostre/esodo-antonello-ghezzi-giovanni-de-gara/

A vestirsi dell’oro delle coperte isotermiche comunemente impiegate per il primo soccorso in mare dei migranti è stata la porta del tempio metodista di Via Venezian. Il pastore Michel Carbonnier ha scelto di accogliere l’installazione leggendo, come una preghiera, un testo di Alessandro Bergonzoni, attore/autore da anni impegnato in prima persona in una coraggiosa battaglia pacifica a sostegno dell’accoglienza e a favore di “una chiamata all’amore” e di “un’obiezione umanitaria” alla disumanità della politica.

Questo il testo, scritto il 9 ottobre del 2013, a pochi giorni dalla più grave strage di migranti al largo di Lampedusa:

Voglio diventare un barcone, vedere capire e sentire il peso di chi porto, poi imparare a non capovolgermi mai.
Voglio diventare un politico europeo o italiano, salire su quel barcone, fare lo stesso tragitto al contrario e non perché mi obbliga qualcuno e mi manda alla deriva o a morire così imparo, ma per imparare da solo davvero a sapere cosa vuol dire, e cosa è quel tragitto: forse è quello che manca per inventare una nuova legge o decidere di fare qualcosa usando il veramente.
Voglio diventare un bagnino e mettermi sulla riva coi binocoli, per scrutare se c’è qualcuno da salvare in mare, poi voglio girarmi e vedere se anche sulla terra c’è qualcuno da salvare da quelle onde alte delle politiche che annegano gli uomini e le loro decisioni prese da troppo lontano a certi vicini.
Voglio diventare un numero di vittime e cambiarmi, diventare più piccolo, avvicinarmi allo zero.
Voglio diventare un giornalista, un attore, uno scrittore, e piangere o pregare prima di parlare, informare o raccontare, senza sentirmi accusare di non saper fare il mio mestiere, di non saper contenere il dolore, di non essere composto davanti ai corpi in decomposizione.
Voglio diventare un’accusa e assaporare la mia eventuale indifferenza, accidia, incompetenza.
Voglio diventare un innocente e avere qualcos’altro da raccontare ai miei simili un po’ meno innocenti.
Voglio diventare una vergogna, provarmi, poi sentire cosa sentono quelli che mi provano o non riescono a provarmi.
Voglio diventare sabbia per sopportare i chili di morti che si appoggiano a me almeno per la fine.
Voglio diventare un sub per vedere se c’è qualcosa sotto quei natanti, cosa c’è sotto l’Europa, sotto gli uomini, cosa c’è in fondo alla morte.
Voglio diventare un centro di accoglienza e star benissimo.
Voglio diventare un euro, chiamare tutti gli altri euro possibili, e servire a chi servo, non a chi parla di cosa serve.
Voglio diventare un Papa e cominciare anche a predicare, senza essere accusato di predicare, o di volermi paragonare a un Papa.
Voglio diventare una colpa e darmi un nuovo senso, voglio diventare un senso e aggiungerlo ai primi cinque ormai non bastanti.
Voglio diventare una paura e passare, voglio diventare uno stronzo più di quel che sono, per andare fino in fondo, risalire, e cercare di farmi salvare da chi non lo sarà mai più o non lo è mai stato.
Voglio essere una guerra e scoprire come mi moltiplico e perché credo nel continuamente.
Voglio diventare una parola e smettere di farmi solo pronunciare.
Voglio diventare.

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